Riprendo la polemica sugli architetti italiani all'estero che non possono essere identificati sempre e solo, in maniera stucchevole, con Renzo Piano (o Massimiliano Fuksas). Basti pensare alla generazione Erasmus, i trentenni che hanno deciso di aprire lo studio fuori dell'Italia e lì lavorano. In Francia c'è Lan Architecture, in Spagna ci sono Barozzi Veiga Architects, Nabito, Mab Arquitectura, a Londra c'è Dos Architects. Sono alcuni nomi ma questo è un fenomeno diffuso, di massa, di una generazione che si sente europea e non ha voglia di sottostare alla cappa pesante che respirano i giovani professionisti in Italia, dove mancano i concorsi e si lavora quasi esclusivamente con i più anziani.
Non ci sono solo i giovani. Tra gli architetti italiani più impegnati all'estero c'è Antonio Citterio che ha da poco ultimato un hotel a Osaka in Giappone, i quarantenni di Piuarch si muovono da San Pietroburgo all'Oriente; ancora Alessandro Zoppini sta lavorando all'estero cercando di esportare all'estero soprattutto il suo know how sulle strutture sportive (ha realizzato il Palaghiaccio Oval delle Olimpiadi torinesi). Lo studio Lissoni Associati, lo studio Peia, ma anche Marco Piva e Matteo Thun sono altri milanesi che da anni tendono lunghe reti oltre confine. Da alcuni anni Stefano Boeri a Marsiglia ha avviato la progettazione e sta realizzando un maxi centro culturale dedicato al Mediterraneo, nella stessa città lo studio 5+1AA è stato incaricato per la riqualificazione dei Docks portuali. Tra gli italiani che si distinguono negli Stati Uniti, oltre a Simone Giostra ci sono anche i napoletani dello studio Lot Ek e il piemontese Carlo Ratti. In Cina oltre a Mario Cucinella c'è Enzo Eusebi, e tra i giovanissimi c'è lo studio 3Gatti.
Perché non si coglie mai questa ricchezza italiana all'estero? Per fortuna ci sono Paola Pierotti e Progetti e concorsi che di questo serio lavoro da talent scout vivono. Edilizia e territorio/Progetti e concorsi